L'assemblea  regionale siciliana, nella seduta del 16 aprile 1991,
 ha approvato il disegno di legge n. 949-895-814 (titolo  IV)  -  530,
 recante:  "Nuove  norme per il controllo sugli atti dei comuni, delle
 province e degli altri enti locali della regione siciliana. Norme  in
 materia  di  ineleggibilita'  a  deputato  regionale",  che  e' stato
 comunicato a  questo  commissariato  dello  Stato  il  successivo  18
 aprile.
    L'art.   30,   secondo   comma,  dello  stesso  disegno  di  legge
 testualmente recita: "L'organo competente per il controllo sugli atti
 delle unita' sanitarie locali non rientrati  nelle  competenze  della
 sezione  centrale  e' la sezione provinciale nella cui circoscrizione
 e' compreso il comune sede dell'unita' sanitaria locale".
    Tale disposizione, attinente  alla  individuazione  dell'organismo
 competente  ad  esercitare  il  controllo  sugli  atti  delle  unita'
 sanitarie locali, insieme con le abrogazioni disposte  dall'art.  31,
 lettere  e)  e  g),  da' adito a rilievi sul piano della legittimita'
 costituzionale.
    Dal combinato disposto delle due sopracitate norme, in effetti, si
 evince che il controllo sugli  atti  delle  unita'  sanitarie  locali
 della  Sicilia  e' attribuito - seppure in via transitoria, in attesa
 della legge di riordino  del  servizio  sanitario  nazionale  -  agli
 stessi  organi  che esercitano il controllo sugli atti delle province
 regionali, dei comuni e degli altri  enti  locali,  con  le  medesime
 modalita' e nella medesima composizione.
    Giova  rilevare,  in  proposito,  che la regione siciliana, con la
 legge regionale 21 febbraio 1976, n. 1, in materia di controllo sulle
 deliberazioni dei consigli di amministrazione degli enti ospedalieri,
 aveva gia' previsto che le commissioni  provinciali  di  controllo  -
 disciplinate    dagli    artt.   30   e   seguenti   dell'ordinamento
 amministrativo degli enti locali nella regione  siciliana,  approvato
 con  d.lgs.p.reg.  29  ottobre  1955,  n.  6,  e  recepito  con legge
 regionale 15 marzo  1963,  n.  16  -  fossero  integrate  dal  medico
 provinciale   e   da  un  dirigente  dell'amministrazione  regionale,
 designato dall'assessore regionale per la sanita'.
     A quest'ultima disposizione veniva fatto esplicito richiamo dalla
 successiva  l.r.  23  dicembre  1985,  n.  52,  che,  con  l'art.  4,
 attribuiva  alle  stesse  commissioni provinciali di controllo, inte-
 grate nei modi sopra descritti, l'esercizio del potere  di  controllo
 sugli atti delle unita' sanitarie locali.
     Benche'  il  testo  del  disegno  di  legge n. 949, di iniziativa
 governativa, nella stessa materia, avesse confermato, all'art. 29, le
 medesime disposizioni di cui al sopracitato  art.  4  della  l.r.  n.
 52/1985,  il  testo  elaborato e presentato in aula dalla commissione
 legislativa non  conteneva  piu'  il  riferimento  alla  integrazione
 proposta  dal  Governo;  e,  di  fatto,  l'assemblea  ne  sanciva  la
 definitiva formulazione, nonostante la proposizione di un emendamento
 governativo  tendente  a  ripristinare  sul   punto   la   richiamata
 integrazione, successivamente ritirato.
     Passando  ora all'esame della legislazione statale concernente il
 controllo sugli atti delle unita' sanitarie locali, si deve assumere,
 come dato normativo di riferimento, l'art. 49 della legge 23 dicembre
 1978, n. 833, come modificato dall'art.  13  della  legge  26  aprile
 1982,  n.  181,  che  stabilisce  che il controllo in questione venga
 esercitato dal  Comitato  regionale  di  controllo,  in  sede  unica,
 integrato   da  un  esperto  in  materia  sanitaria  di  designazione
 regionale e da un rappresentante del Ministero del tesoro.
     Dal confronto tra la  disposizione  regionale  ultima  e  statali
 teste'   individuate   emerge   una  difformita'  relativamente  alla
 suddivisione della competenza tra la sezione centrale di controllo  e
 le    sezioni    provinciali   nonche'   alla   stessa   composizione
 dell'organismo di controllo in generale.
    Per quanto attiene al primo dei due  aspetti  delineati,  si  puo'
 senz'altro  ritenere  che  la  suddivisione  della  competenza tra la
 sezione centrale e le  sezioni  provinciali,  in  analogia  a  quanto
 previsto  per  il  controllo  sugli atti degli altri enti locali, pur
 essendo difforme dal sistema delineato dalla legge nazionale per  gli
 atti  delle  uu.ss.ll., viene a trovare una razionale giustificazione
 in considerazione della esistenza di un collegamento  tra  le  stesse
 sezioni provinciali e la sezione centrale, anche in virtu' dei poteri
 attribuiti  a  quest'ultimo organismo ex art. 17 dello stesso disegno
 di legge.
    Non  altrettanto   giustificabile   si   configura,   invece,   la
 difformita'   che  riguarda  la  composizione  degli  organi  di  cui
 trattasi, in relazione alla materia specifica degli  atti  sottoposti
 al controllo.
     Ai   fini   di  una  corretta  valutazione  della  portata  della
 disposizione regionale teste' approvata  e,  conseguentemente,  della
 questione  di  legittimita' costituzionale che ne deriva, preliminare
 si configura la individuazione delle materie nelle quali viene ora ad
 esercitarsi  il  potere  di  iniziativa  legislativa  della   regione
 siciliana.
     In  proposito,  si coglie la compresenza di due distinte materie,
 concernenti, rispettivamente, l'assistenza sanitaria ed il regime dei
 controlli sugli atti degli enti che tale funzione esercitano.
     Riguardo alla prima delle suindicate materie,  l'art.  17,  lett.
 c),   dello  statuto  speciale  la  individua  come  possibilita'  di
 legiferare "entro i limiti dei principi ed interessi generali cui  si
 informa  la  legislazione  dello Stato,.. .. .. al fine di soddisfare
 alle condizioni particolari ed agli interessi propri  della  regione"
 (cosiddetta potesta' legislativa concorrente).
     Riguardo  alla  seconda materia, si potrebbe sostenere che il re-
 gime dei controlli in  questione  puo'  rientrare  nella  piu'  vasta
 categoria  dei controlli sugli atti degli enti locali, per i quali la
 regione gode di potesta' legislativa esclusiva, ai sensi degli  artt.
 14, lett. o), e 15, terzo comma, dello statuto speciale.
     Non  ritenendosi  opportuno  ne'  rilevante, in questa sede, fare
 espresso  riferimento  alla  natura   giuridica   dell'ente   "unita'
 sanitaria   locale"  in  relazione  all'ente  "comune",  -  questione
 riguardo alla quale il dibattito e' ancora non del tutto chiarito  in
 dottrina  -,  quanto  rileva  ai  fini  del  presente  gravame  e' la
 specifica natura dell'attivita' che con il presente disegno di  legge
 viene a disciplinarsi.
     Non  vi  e'  dubbio che l'attivita' degli organi di governo delle
 uu.ss.ll., realizza in  concreto  compiti  di  assistenza  sanitaria,
 rispetto  alla  quale  l'esercizio del potere di controllo sugli atti
 relativi viene a costituire attivita'  accessoria  per  garantire  il
 rispetto   del   generale  principio  di  legalita'  dell'ordinamento
 giuridico.
    Da quanto  precede,  puo'  immediatamente  dedursi  che  anche  la
 disciplina  generale  dei controlli sugli atti delle unita' sanitarie
 locali  -  peraltro  in  assenza  di  alcuna  specifica  disposizione
 statutaria  -  e' soggetta agli stessi limiti posti alla legislazione
 regionale nella materia de qua dall'art. 17, lett. c), dello  statuto
 speciale;  pertanto  la  composizione  degli organi di controllo deve
 corrispondere   alle   specifiche   prescrizioni   contenute    nella
 legislazione  statale,  desumibili  nella  specie  dall'art. 49 della
 legge n. 833/1978,  come  modificato  dall'art.  13  della  legge  n.
 181/1982,   in   armonia  con  quanto  dettato  dall'art.  130  della
 Costituzione.
    La necessita' della integrazione degli organi di controllo in sede
 di  riscontro  dell'attivita'  amministrativa  dell'uu.ss.ll.  con  i
 rappresentanti  del  Ministero  del  tesoro  e  della amministrazione
 sanitaria regionale risponde  infatti  alla  specifica  finalita'  di
 pervenire  ad  una verifica della gestione degli enti di cui trattasi
 sia dal punto di vista della  spesa  che  da  quello  attinente  alla
 specificita' della materia.
    Non  v'e'  dubbio,  infatti, che intento del legislatore nazionale
 nel prevedere la suddetta integrazione sia stato quello di assicurare
 una  gestione  quanto  piu'  ordinata  ed  oculata  possibile   delle
 disponibilita'  finanziarie messe a disposizione delle regioni con il
 fondo sanitario nazionale, in considerazione del  flusso  ingente  di
 spesa per la erogazione del servizio in questione.
    Da  questo  punto di vista appare rinvenibile anche un superamento
 dei principi contenuti nell'art. 119 della Costituzione, in  tema  di
 coordinamento della finanza regionale con quella statale.
    Del  resto,  la esigenza della integrazione dei medesimi organismi
 di controllo era stata avvertita  ed  attuata  sebbene  parzialmente,
 della  stessa  regione  siciliana,  allorche'  aveva previsto, con le
 citate leggi regionali nn. 1/1976 e  52/1985,  la  partecipazione  di
 rappresentanti  dell'amministrazione regionale della sanita', che ora
 ne vengono inopinatamente esclusi con le disposte abrogazioni.
    Non e' fuori di luogo peraltro  far  rilevare  che  il  d.d.l.  in
 questione  si muove comunque in una direzione completamente opposta a
 quella imboccata dal  legislatore  nazionale  con  la  riforma  delle
 uu.ss.ll.  e del servizio sanitario nazionale, tendente ad assicurare
 una maggiore  efficienza  del  servizio  stesso,  degli  ospedali  in
 particolare,  prediligendo  la professionalita' e la specificita'. La
 soppressione, nel Co.Re.Co. siciliano  istituendo,  di  "specialisti"
 nel   settore  sanitario  -  come  sono  da  ritenersi  senz'altro  i
 rappresentanti  del  Ministero  della  sanita'  (e   dell'Assessorato
 regionale  della  sanita')  -  sembra  che  marci  su  diversa linea,
 cozzando con i principi della riforma  gia'  avviata  con  legge  del
 Parlamento  nazionale,  legge,  ripetesi, di riforma nazionale che la
 regione siciliana non puo' certo ignorare.
    Non puo' infine omettersi di considerare che, anche ammettendo  la
 sussistenza di potesta' legislativa esclusiva della regione siciliana
 nella  materia  de  qua, in conseguenza della possibile assimilazione
 delle uu.ss.ll. agli altri enti  locali,  le  disposizioni  normative
 regionali  di  cui  trattasi sarebbero ugualmente oggetto di sospetta
 illegittimita'  costituzionale,  attesa la natura di legge di riforma
 economico-sociale riconosciuta alla legge n. 833/1978 che, in  quanto
 tale,  si  pone come limite alla potesta' legislativa esclusiva della
 regione, ex art. 14 dello statuto.
    Su  altri,  eventuali  contrasti  ed  incompatibilita'  con  norme
 costituzionali  e  di  principio  delle  disposizioni contenute nella
 presente  deliberazione   legislativa   impugnata,   non   conta   di
 intervenire ex professo.
    Da   piu'   parti,  peraltro,  sono  stati,  anche  all'ultim'ora,
 rappresentati  supposti   vizi   costituzionali   del   provvedimento
 legislativo de quo, per esempio: a) circa il numero dei componenti il
 Co.re.co.  centrale  e le sezioni periferiche (provinciali); b) sulla
 esclusione, dalla possibile "rosa" dei nominandi  a  presidente  (dal
 capo  dell'esecutivo  regionale, come sembra) ovvero a componenti (da
 parte dell'assemblea legislativa) del comitato, di  alcune  categorie
 di  candidati;  e  cio'  perche' le relative norme sarebbero difformi
 dalla legge nazionale n. 142/1990, considerata legge di  riforma  e/o
 di  principi e, percio', prevalente sulla potesta' primaria regionale
 ex art. 14 dello statuto.
    Sara', pertanto, codesta ecc.ma Corte - come  gia'  qualche  altra
 volta  effettuato in passato: giurisprudenza docet - a sollevare ed a
 decidere, d'ufficio, per eventuale connessione, al riguardo pure  per
 prevenire  e  bloccare  in  radice,  un  contenzioso  che,  visti gli
 interessi in  gioco,  si  puo'  ragionevolmente  presumere,  supporre
 notevole e, probabilmente, anche vincente.